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Storie Vere

PT 109 – POSTO DI COMBATTIMENTO

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Che il secondo conflitto mondiale ha ispirato diverse volte il cinema è, ormai, un dato di fatto; regalando agli appassionati del genere, e non, diversi capolavori che hanno scritto la storia della settima arte. I film che si sono susseguiti nei decenni sono stati tratti da singoli episodi dell’evento bellico. Tra le tante storie narrate, poi, nel tempo e, poi, riportate sul grande schermo c’è ne una in particolare che ricostruisce le fasi di un salvataggio di un equipaggio di una nave da guerra.

Il protagonista principale, dunque, sarebbe il mezzo navale dell’esercito degli Stati Uniti d’America: una motosilurante da pattugliamento chiamata ‘Pt-109’, affondata nella notte del 2 agosto del 1943, dopo una collisione con il cacciatorpediniere nipponico ‘L’Amagiri’. Di certo penserete che magari il blog, in questo terzo appuntamento del mese dedicato alle ‘Storie Vere’, si sia voluto anticipare ma come è stato precisato in precedenza la storia narra di un salvataggio di un equipaggio svolto da parte del capitano della nave stessa. Un gesto eroico, dunque, posto in essere dall’allora e anonimo sottotenente di vascello John Fitzgerald Kennedy, nato il 29 maggio del 1917, che divenne Presidente degli Stati Uniti diciassette anni più tardi, rimanendo ucciso da un attentato il 22 novembre del 1963 a Dallas.

In questo film, uscito il 19 giugno del 1963, pochi mesi prima della tragedia, ed intitolato ‘Pt 109 – Posto di combattimento’, il futuro Presidente degli Stati Uniti venne interpretato dall’attore Montgomery Clift. Accanto a lui si possono riconoscere altri tre attori divenuti in seguito famosi per aver preso parte a delle serie tv storiche: Norman Fell, per il ruolo del padrone di casa scorbutico nella sit-com ‘Tre cuori in affitto’; Robert Culp, diventato famoso con due serie tv: la prima accanto a Bill Cosby “Le spie” e l’altra “Ralphsupermaxieroe”; infine Robert Blake per l’iconico ruolo di “Baretta”.

Diretto dal regista Leslie H. Martinson, l’opera cinematografica con duplice connotazione bellico-biografica, ripercorre la vicenda con una buona dose d’ironia, ponendo l’accento sul senso del dovere e sull’atto eroico dello stesso John Kennedy in maniera semplice, senza ulteriori enfatizzazioni. Nonostante le scene d’apertura siano accompagnate dalle fanfare, che completano la composizione musicale di David Buttolph e William Lava, il lungometraggio esalta nel giusto modo il personaggio principale; con una prestazione asciutta e pulita di Clift, il quale oltre ad esser abbastanza somigliante al futuro Presidente offre anche la stessa mimica facciale.

Essendo comunque un film dei primi anni ’60, Hollywood compie la missione di ricreare, con realismo, i combattimenti tra gli aerei nemici e le navi da guerra grazie ad un perfetto gioco d’inquadrature che non crea confusione a chi guarda il film; la visione è dunque piacevole, anche se in alcuni punti ci sono alcuni momenti morti ma non tali da rovinare tutto il lavoro svolto. “Pt 109 – Posto di combattimento” è da vedere e da riscoprire, per chi lo avesse già visto una volta, per approfondire non solo un episodio della guerra mondiale, ma anche un episodio della vita di un personaggio entrato nell’immaginario collettivo.

Il film termina con il salvataggio dell’equipaggio, che il sottotenente di vascello John Kennedy compie, dopo l’affondamento della nave a causa dei giapponesi e dopo aver spinto i superstiti in un’isola deserta, trascorrendo due notti in mare per cercare aiuto. Questo suo immenso atto di altruismo gli provocherà, in futuro, diversi problemi fisici, senza dimenticare la medaglia di cui venne insignito e che nel film non si fa menzione.

Storie Vere

PATCH ADAMS

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Può un film, ispirato ad una storia vera, essere contemporaneamente acclamato dal pubblico, sancendo così il successo al botteghino, ed essere scarsamente apprezzato dalla critica? In verità questa è una delle situazioni che succede spesso nel mondo del cinema, ma non finisce qui: capita anche che lo stesso film viene realizzato quando l’assoluto protagonista sia ancora in vita e che, leggete con attenzione, nemmeno lui apprezzi come in realtà è stato “ritratto” sul grande schermo. In questo secondo appuntamento di ‘Storie Vere’ si parla di ‘Patch Adams’

Era il 25 dicembre del 1998 quando uscì nei cinema americani riportando la storia, più o meno romanzata, del medico del sorriso, che ideò, con approfonditi studi, la clownterapia. Intendiamoci: per interpretare un personaggio così particolare, una persona fuori dal comune, geniale, folle ed anticonformista ci voleva un attore altrettanto fuori dal comune, geniale, anticonformista e folle: l’indimenticabile Robin Williams, scomparso l’11 di agosto di quasi sei anni fa. Eppure, il vero Patch Adams, nato il 28 maggio del 1945, non dimostrò particolare soddisfazione dell’interpretazione svolta dall’istrionico attore di Chicago.

Il Dottor Adams sostenne che, nell’opera cinematografica dedicatagli, il suo lavoro venne molto semplificato e che la sceneggiatura, scritta da Steve Oedekerk su un soggetto realizzato non solo da Maureen Mylander ma anche dallo stesso Patch, si soffermava troppo sul lato clownesco della sua attività. Nonostante ciò il film funzionò. Costato, si fa per dire, solo 50 milioni di dollari ne incassò in tutto il mondo ben 202 milioni di dollari.

Diretto da Tom Shadyac, “Patch Adams”, riuscì ugualmente a far breccia miscelando sapientemente ironia, comicità e veri e propri momenti drammatici; nessuna risata forzata e nessuna retorica. Tutto spontaneo. Ci sarebbe da chiedersi, anche, quante scene, scritte sul copione, siano state veramente utilizzate e quante scene siano state, di sana pianta, improvvisate dallo stesso Robin Williams sul set di questo film? Di sicuro molte, anche se non si ha la certezza.

Le musiche composte da Marc Shaiman, il quale venne nominato per la miglior colonna sonora agli Oscar del 1999, facilitano, parafrasando un termine usato nel film, il “transfer” da parte del pubblico. Trascinato fino alla fine da risate e momenti riflessivi. “Patch Adams” non è una di quelle opere definibili attraverso un solo aggettivo e nemmeno riconducibile ad un unico genere cinematografico: è un film comico, è un film in cui l’idea di ‘sogno americano’ è ben radicata, è un film che commuove, facendo al tempo stesso riflettere.

Ulteriori critiche furono mosse nei confronti di Robin Williams anche per un motivo squisitamente economico: il geniale interprete guadagnò, dalla sua performance, ben 21 milioni di dollari, ‘senza lasciare nemmeno 10 dollari in beneficenza’ secondo le parole dello stesso vero Patch Adams, tutt’oggi ancora in vita e che in queste ore compie i suoi 75 anni.

Forever 80sNews

I 40 ANNI DE ‘L’IMPERO COLPISCE ANCORA’

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Il 21 maggio del 1980 uscì nella sale cinematografiche l’attesissimo secondo capitolo della saga di ‘Star Wars’: ‘L’impero colpisce ancora’; meglio conosciuto, dal punto di vista cronologico della storia in sé, come ‘Episodio V’. A distanza di ben 40 lunghi anni, molti lo ritengono come il miglior film della serie ideata dal geniale George Lucas. Dopo l’incredibile successo del primo, intitolato semplicemente ‘Guerre Stellari’ e poi successivamente intitolato ‘Episodio IV – Una nuova speranza’, uscito nel 1977, era normale comprensibile credere che le aspettative per questa seconda opera ambientata nella ‘galassia lontana, lontana’ fossero alte. Si potrebbe dire anche fin troppo alte, visto che lo stesso George Lucas, frattanto, ebbe un forte esaurimento nervoso per diverse situazioni personali.

La formazione del cast era pressocche invariata rispetto al primo film. Mark Hamill, Carrie Fisher ed Harrison Ford ritornarono nei loro rispettivi ruoli; con l’aggiunta dell’attore Billy Dee Williams nella parte del contrabbandiere spaziale Lando Calrissian. Il nemico da combattere era sempre lo stesso, quell’oscuro e potente Darth Vader, e con una sceneggiatura che gli attori stessi non lessero mai prima delle riprese. Le singole scene le scoprivano man mano che si dovevano girare.

Tra le scene ce n’era una in particolare in cui si svelava un grosso segreto che, nonostante si trattava di un film per ragazzini, avrebbe di sicuro traumatizzato il giovane pubblico presente nelle sale. George Lucas si confrontò con alcuni psicologi per capire l’effetto che avrebbe suscitato far scoprire che il nemico numero 1 dei ribelli, Darth Vader, era, in realtà, il padre del giovane protagonista, Luke Skywalker. Non solo lo fu: le persone, come provano alcuni audio fatti circolare recentemente, rimasero fortemente scioccati.

Questa scelta narrativa più che allontanare i fans dalla saga ne fece avvicinare degli altri, tenendoli così sulle spine per il terzo ed ultimo capitolo della prima trilogia che arrivò a distanza di tre anni. Forte anche di una scrittura più cupa, ponendo al primo posto le angosce, le paure del protagonista che non riescono ad esser domate nemmeno dal saggio, lungimirante ed iconico Maestro Yoda. Un processo psicologico, quindi, analizzato quasi in profondità e proposto con una prospettiva più adulta e meno spensierata a differenza del primo film del 1977. La sceneggiatura, infatti, venne scritta  quattro mani da Lawrence Kasdan e Leigh Brackett.

La scelta di dividere i personaggi principali determina lo sdoppiamento della trama in storie parallele che sono quasi indipendenti l’una dall’altra per poi riunirsi nel finale, lasciando intendere e presagire un destino diverso da uno in particolare: Luke Skywalker. ‘L’Impero colpisce ancora’ è stato definito dal National Film Registry ‘culturalmente, storicamente ed esteticamente significativo; con un incasso al botteghino di ben 209 398 025 dollari, non riuscendo a superare i guadagni del capostipite anche per le atmosfere cupe analizzate in precedenza. Quaranta anni dopo l’uscita appare, dunque, pleonastico la scelta di sviluppare una recensione completa. Basta solo questo articolo per omaggiare un bel pezzo di cinema, di genere ‘Fantastico’, che rimarrà per sempre una pietra miliare della settima arte. Non solo questo ‘Episodio V’ ma tutta la saga ideata da George Lucas.

Storie Vere

Giovanni Falcone – Recensione

Giovanni Falcone

La prima ‘Storia vera’ della rubrica ‘Storie Vere’ del mese di maggio non poteva che essere quella di Giovanni Falcone, del Giudice Istruttore Giovanni Falcone, ucciso da ‘Cosa Nostra’ nella strage di Capaci del 23 maggio del 1992. Abbiamo deciso di anticipare la pubblicazione dell’articolo relativo al film dedicato alla sua figura, scegliendo la data del 18 maggio, non per coprire tutta la settimana del ventottesimo anniversario della sua tragica morte, ma perché in questo giorno, Giovanni Falcone, avrebbe compiuto 81 anni.

L’opera biografica dedicata a lui è semplicemente intitolata con il nome e cognome ed è stata diretta dal regista Giuseppe Ferrara ed uscì il 28 ottobre del 1993, un anno e mezzo dopo i tragici fatti riportati nel film. Tragico, cruento e, nella sua essenza, con un forte taglio documentaristico. Questi gli elementi che hanno composto ‘Giovanni Falcone’, non solamente perché tutti i singoli passaggi fondamentali della vicenda sono introdotti con la data; ma anche per la struttura della trama in sé: fatti ricostruiti e recitati da attori coadiuvati, anche e soprattutto, da immagini di repertorio. Con un taglio ulteriormente giornalistico e, addirittura, quasi a seguire persino l’ordine di un fascicolo processuale nella ricostruzione stessa degli eventi.

Difatti il film è fondamentalmente costituito, come base della sceneggiatura scritta a quattro mani dallo stesso regista ed Armenia Balducci, da documenti sia processuali che editoriali, quest’ultimi intesi come libri, articoli di giornale ed interviste. Il tutto è sorretto dall’intrigante colonna sonora, la quale passa agilmente da un momento di alta tensione a momenti drammatici. Ecco, proprio su questo elemento gli sceneggiatori avrebbero potuto lavorare di più, senza trasformare un ottimo lavoro in risultato troppo mieloso.

Ad interpretare l’iconico Giudice Istruttore c’è Michele Placido, il quale si è calato molto bene nel ruolo; Paolo Borsellino, anch’egli Giudice Istruttore e amico di Falcone, è impersonato da Giancarlo Giannini, molto somigliante e nominato come attore non protagonista ai David di Donatello del 1994; Francesca Morvillo, moglie di Giovanni, da Anna Bonaiuto; mentre il Commissario Antonino Cassarà ha il volto di un giovane Massimo Bonetti, il futuro ‘Pietro Guerra’ della serie tv ‘La Squadra’.

Un personaggio che viene un po’ messo in sordina, come se non fosse rilevante per la storia in sé è il Commissario Giuseppe Montana, impersonato da Leonardo Treviglio; mentre ulteriore spazio viene data alla figura del poliziotto Calogero Zucchetto, interpretato da Paolo De Giorgio.

Al di là di questi particolari che sono delle mere scelte del regista, il film non narra a tutti gli effetti la vita di Giovanni Falcone, non ripercorre gli anni giovanili per poi giungere a quelli professionali. L’apertura vera e propria è contraddistinta da due momenti particolari: la prima rappresentata dal giuramento in parallelo, prima di un mafioso e poi quello di Giovanni; la seconda con la data 23 Aprile 1981, con l’assassinio del boss Stefano Bontate. Per poi giungere al tragico e duplice epilogo: con la morte sia di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino.

Prodotto da Fabrizio Di Clemente, anch’egli nominato come miglior produttore al David di Donatello del 1994, ‘Giovanni Falcone’ è il primo di una lunga serie di film e fiction dedicati su quei tragici eventi. Meno trascinante dal punto di vista emotivo, ma è comunque un e proprio pugno allo stomaco a tutti coloro che credono nelle Istituzioni. È comunque impossibile annoiarsi, si arriva fino al tragico epilogo con la forte curiosità di sapere cosa sia realmente successo grazie ad una sceneggiatura dal ritmo serrato. Un’opera biografica, dunque, da vedere e rivedere, da scoprire e riscoprire e da “usare” come prima su tutte le altre opere successivamente realizzate, per conoscere in maniera ordinata i fatti per poi approfondirli, su un fatto di cronaca che ancora oggi recrimina giustizia non solo da un punto di vista processuale ma anche e soprattutto dal punto di vista morale.

Qui sotto ci sono due link: il primo è dello stesso articolo pubblicato nel nuovo Freetopix date un’occhiata se siete curiosi…

https://www.freetopix.net/

Recensioni

Tyler Rake: il nuovo supereroe dei Fratelli Russo

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Adrenalinico, dinamico e senza pause. Semmai qualche momento di respiro c’è per far rifiatare chiunque abbia scelto di vedere questo film. Con queste tre caratteristiche si compone l’ultimo lavoro dei fratelli Russo, tornati dopo il doppio ed epico finale dedicato alla saga degli ‘Averngers’ della Marvel. Sono tornati, con una nuova opera distribuita sulla piattaforma streaming di Netflix dal 24 aprile scorso. ‘Tyler Rake’ è il titolo che per l’Italia, ‘Extraction’ invece è quello originale. ‘Un nuovo supereroe’, così lo hanno definito Anthony e Joe Russo. Il personaggio, in realtà, trae origine dall’omonima graphic novel ideata proprio dagli stessi autori di ‘Avengers – Infinity War’ ed ‘Endgame’, intitolato ‘Ciudad’ e pubblicato il 16 dicembre del 2014 di Netflix dal 24 aprile scorso.

Ad interpretare il personaggio principale troviamo Chris Hemsworth, diventato famoso per il ruolo di ‘Thor’. L’attore australiano si è cimentato in un personaggio totalmente differente rispetto a quello del ‘Figlio di Odino’, meno spaccone ma più tormentato ed a tratti cupo. Nel veder agire Tyler Rake, un mercenario ingaggiato per salvare un ragazzino figlio di un potente trafficante di droga rapito dal suo stesso rivale, sembra d’intravedere, miscelate, le caratteristiche di altri due personaggi iconici del cinema: John Rambo e John MacClane, il poliziotto irlandese impersonato da Bruce Willis nella saga di ‘Die Hard’.

Ecco, proprio su quest’ultimo riferimento sussiste qualche dubbio legato al finale, rischiando di fare dello spoiler e nel quale non ci addentriamo più di tanto. Interamente ambientato in India, il lungometraggio si propone come il nuovo action movie da annoverare fra i cult del genere che si sono susseguiti nel corso degli anni. Certo, è ancora troppo presto per consacrarlo con l’aggettivo di cult, ma le carte in regola le ha tutte. Diretto da Sam Hargrave, ex-stuntman di Chris Evans, meglio conosciuto come ‘Captain America’, e scritto da Joe Russo, mentre Anthony Russo con Mike La Rocca ed Eric Gitter lo ha prodotto. Nel cast è anche presente David Harbour, lo sceriffo di ‘Stranger Things’.

Avevamo accennato, dunque, alla dinamicità di questo film, dovuta grazie alle inquadrature rapide ed effettuate come se chi riprendesse la scena avesse sulle spalle la macchina da presa realizzando, non si sa quanto volutamente, dei perfetti piano-sequenza seppur brevi ma intensi. L’adrenalina, invece, è quella che scorre da quando l’eroe inizia ad affrontare tutti i nemici che cercano di contrastarlo: tra sparatorie, accoltellamenti, corpo a corpo nei vicoli e sui ponti è veramente difficile annoiarsi.

I moltissimi momenti di azione, comunque, non hanno per nulla seppellito la trama di fondo, anzi. Emerge nel momento giusto, durante uno dei rari momenti di pausa che il film concede, in cui vengono svelati alcuni punti oscuri del protagonista. Sufficiente è la prova del giovane protagonista, Rudhraksh Jaiswal, nei panni della vittima del rapimento. ‘Tyler Rake’, in definitiva, è un action movie tutto da scoprire, seppur con uno sviluppo della storia scontata, ma con cui si trascorre due ore di buon intrattenimento, non per tutta la famiglia a causa delle scene troppo cruente, che non lascerà insoddisfatti non solo gli amanti del genere, ma anche i curiosi. Da non perdere.

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TOM SELLECK E LE SUE 75 PRIMAVERE

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Di sicuro se avessimo la fortuna d’incontrarlo per strada gli faremmo gli auguri, dicendogli: per altri cento anni, Tom. Si, molto probabilmente sarebbe questo il nostro approccio con lui e, utilizzando una frase che ripeteva sempre nel suo iconico telefilm, ‘lo so cosa state pensando’ forse davanti alla sua presenza saremmo un pò più formali e meno aperti con lui.

In fondo, però, ad osservarlo, ad immaginarlo in quell’investigatore più informale della storia della televisione che, nel decennio anni ’80, ha interpretato diventando un’icona mondiale, la voglia di dargli del ‘tu’ è forte. Non a caso Magnum si chiamava proprio come lui: Tom. Eppure Mister Selleck per quel ruolo né perse un altro.

La storia la conoscono tutti, era proprio tra il 1980 ed il 1981 quando l’attore di Detroit venne contattato da Spielberg per recitare nel primo Indiana Jones. Purtroppo dovette rifiutare a causa, si fa per dire, del contratto che lo legava alla produzione di ‘Magnum P.I.’. Certo, la domanda sorge spontanea: semmai avesse ricoperto quel ruolo come sarebbe stata la sua carriera cinematografica?

Si sarebbe trasformato ugualmente in un mito vivente? Oppure si sarebbe bruciato subito? La storia, per ogni cosa e persona non si fa ne con i se e con i ma, anche perché ognuno vive le esperienze a modo proprio; eppure il dilemma rimane sempre. Con la fine della produzione di ‘Magnum P.I.’, nel 1988, provò la strada del grande schermo ma senza successo.

Scrollarsi di dosso quel ruolo non era di certo facile. Ed anche oggi, vederlo nel ruolo del capo della polizia di New York in ‘Blue Bloods’ dal nome Frank Reagan, è impossibile non ricollegarlo a quel periodo d’oro delle serie televisive anni ’80, nel quale venivano considerate ‘film’ di serie B.

Oggi Tom Selleck compie i suoi 75 anni e attraverso questo blog, con le rubriche ‘News&Recensioni’ e ‘Forever80s’ gli diciamo: Auguri Tom!!!

Recensioni

RICHARD JEWELL – La Nostra Recensione

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Basta solo nominarlo e nella nostra testa prende vita un blog immaginario tutto interamente dedicato a lui. Alla sua vita, alla sua carriera ed ai suoi successi. Negli ultimi anni ci ha regalato perle cinematografiche di rara bellezza e di rara profondità nei contenuti e di significati, impliciti ed espliciti. L’ultimo suo lungometraggio, parafrasando il titolo, è l’ennesimo gioiello incastonato in un percorso professionale infinito.

Questa breve e intensa premessa possiede il duplice scopo, non solo quello di elogiare per l’ennesima volta la figura di Clint Eastwood, alimentando sempre di più la sua leggenda, ma anche per trovare le giuste parole per incominciare la recensione del suo ultimo capolavoro.

Si, perché in alcune occasioni non è mai facile trovare un perfetto inizio per aprire un nuovo articolo sul suo ultimo film. Specialmente dopo questo, e lasciateci ripetere l’espressione, ennesimo gioiello; dopo questa ennesima storia, tratta da un fatto vero, raccontata con tanta maestria mescolata a tanta umiltà.

Nonostante non ci sia la matematica sicurezza, qualsiasi altro regista che si rispetti, nella vicenda dell’uomo che salvò diverse vite durante l’attentato alle Olimpiadi del 1996, avrebbero intriso la trama di toni retorici, sconfinando nell’estremizzazione dell’ideale americano. Con Clint Eastwood invece, il cui script è stata firmata dallo sceneggiatore Billy Ray, il patriottismo a stelle e strisce emerge ma è calpestato dallo stesso arrivismo delle singole istituzioni che si occuparono del caso: quella classica dell’FBI e quella del giornalismo d’assalto.

In ‘Richard Jewell’ sono incastonate un po’ tutte le grandi contraddizioni americane e, nello stesso tempo, anche tutte le grandi paranoie di una società che, purtroppo, diventeranno reali l’11 settembre del 2001. Gli interpreti chiamati ad impersonare personaggi realmente esistiti nella realtà avrebbero meritato, di sicuro, maggior attenzione da parte dell’Academy Awards. L’unica che è riuscita ad ottenere una candidatura ai prossimi Oscar 2020 è la navigata attrice Kathy Bates, come miglior attrice non protagonista.

Ciò non vuol dire che Paul Walter Hauser, nei panni dell’eroe sfortunato, e Sam Rockwell, nel ruolo dell’avvocato di Richard Jewell, siano stati da meno nella loro performance interpretativa, anzi; una recitazione sorretta ed impreziosita anche da dialoghi che hanno facilitato l’attenzione dello spettatore. Attraverso battute ironiche al punto giusto ed una vena malinconica che non ha per nulla attecchito lo sviluppo del film. Sia dalla prima scena fino alla conclusione, Clint Eastwood ci mostra una ricostruzione meticolosa degli eventi senza forzature

Ci fa commuovere al punto giusto, senza alcuna esagerazione, e ponendo al centro il patriottismo americano bistrattato, come detto prima, non riconosciuto nei confronti di chi, come capita spesso, nelle istituzioni e nelle leggi ci crede veramente. Calpestato non dalla mera applicazione della legge, ma dal pregiudizio onnipresente che a sua volta ha innescato l’applicazione del diritto penale.

‘Richard Jewell’ dunque è un film da vedere e rivedere. Un film che mette in luce non solo la storia personale e pubblica del personaggio, ma mette in risalto persino la sua disarmante bontà e compostezza. Forse è questa la vera intenzione di Clint Eastwood: di esaltare con semplicità questo tipo di atteggiamento, ponendolo come punto di riferimento per tutti coloro che si sono ritrovati o che si ritrovano, purtroppo, in questa particolare situazione. 

Forever 80sNews

I 40 anni di ‘Un Sacco Bello’

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In questi giorni si celebrano i 40 anni dell’uscita del film di Carlo Verdone ‘Un Sacco Bello’. Un film che rappresentò, per l’attore e regista romano, l’esordio assoluto sul grande schermo. Fu l’inizio di una bella storia cinematografica che, ancora oggi, non può definirsi terminata. È inutile ricordare quanti furono i successi di Verdone dopo a questa sua prima opera negli anni e nei decenni a venire.

Nonostante la data esatta dell’uscita del film è il 19 gennaio del 1980, lo stesso Verdone ha voluto affidare un suo messaggio ai social per celebrare questo speciale anniversario: in questo periodo di gennaio, di 40 anni fa, usciva il mio primo film: un sacco bello. Messaggio pubblicato intorno al 13 di gennaio. In quella prima avventura cinematografica venne affiancato da attori come l’iconico Mario Brega ed il versatile Renato Scarpa.

Lui che incominciò la gavetta con la storica trasmissione della Rai, ‘Non Stop’, e figlio di un critico cinematografico, Mario Verdone, il quale a sua volta conosceva Sergio Leone, il grandissimo regista italiano. Il merito di Carlo fu la bravura di cavalcare l’onda inizia e di non farsi travolgere dalla medesima.

Nel suo primo lungometraggio c’è tutta la sua capacità di essere istrionico e versatile, passando da un personaggio all’altro; anche se sarebbe meglio dire, seppur trattandosi sempre di un attore e non di un cantante, dei suoi cavalli di battaglia. I suoi tormentoni le sue battute, il suo modo di porsi davanti ad una cinepresa era lo stesso visto negli anni precedenti sulla televisione di Stato. In quell’occasione, Carlo Verdone, si fece in sei grazie proprio a Sergio Leone.

All’indomani del successo conseguito con la trasmissione della Rai, tutti cercavano Carlo Verdone per farlo debuttare al cinema. Persino il regista Pasquale Festa Campanile gli fece fare un provino andato male per il film ‘Il corpo della ragassa’; anche Adriano Celentano lo aveva contattato per ‘Asso’. Ma il ‘futuro del cinema italiano’ rifiuterà entrambe le proposte, con la forte convinzione che la grande occasione non era ancora arrivata. Invece fu Sergio Leone ha chiamarlo e, nello stesso tempo, a convincerlo che il film doveva essere diretto dallo stesso Verdone. Poi si sa come andò a finire.

Di certo questa pellicola meriterebbe un articolo più ampio, se non proprio uno speciale; proprio quello che si era pensato all’inizio. Nel controllare bene alcune date, non solo quelle relative agli anni ’80, ma in generale, abbiamo scoperto che il ‘Verdone Nazionale, giusto quest’anno, il prossimo 17 novembre, taglierà il traguardo dei 70 anni. Una data importante con la quale verrà celebrata da uno speciale tutto interamente dedicato a Carlo Verdone.

News

Le nominations dei prossimi Oscar 2020

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Habemus nominations! E la corsa agli Oscar 2020, nella notte del prossimo 9 febbraio, troverà la sua consacrazione mediante le 24 categorie ormai ufficializzate. Qualche sorpresa. Tutte le previsioni della vigilia sono state confermate. Persino una nostra previsione in merito ad una possibile sorpresa non è stata disattesa. Per il momento non faremo troppi commenti, li conserviamo tutti per il nostro speciale che ci sarà fra pochi giorni con tutte le informazioni relative ai film e protagonisti della notte degli Oscar 2020.

Considerando come punto di riferimento la sola categoria dei ‘Migliori Film’ inziamo la nostra carrellata di titoli e di candidature: il primo titolo in lista, invece, riguarda un classico della letteratura mondiale ed anche un classico del cinema e della tv: Piccole donne. Ben 6 nominations: miglior film, migliori costumi, miglior attrice protagonista, miglior attrice non protagonista, miglior sceneggiatura non originale, miglior colonna sonora, migliori costumi. Siamo alla volta di ‘Jojo Rabbit’. Anche questo lungometraggio concorre con ben 6 candidature: miglior film, miglior attrice non protagonista: Scarlett Johansson, miglior montaggio, migliori costumi, miglior scenografia, miglior sceneggiatura non originale

Menzionando a ‘Storia di un Matrimonio, invece, ritroviamo di nuovo Scarlett Johansson con un’altra nomination, come per miglior attrice protagonista, insieme al suo collega Adam Driver, nominato anche lui come miglior attore protagonista e l’altra attrice, Laura Dern, con la nomination a miglior attrice non protagonista, miglior sceneggiatura originale, miglior colonna sonora e appunto miglior film.

Secondo voi Quentin Tarantino poteva mancare? Ma anche no! Con il suo ‘C’era una volta a Hollywood’, titolo fortemente evocativo non solo del periodo magico degli anni ’60 ma anche un esplicito richiamo ai due titoli iconici del nostro Sergio Leone, ha ottenuto: oltre alla candidatura come miglior film non gli poteva mancare anche quella come miglior regia, a seguire miglior attore protagonista Leonardo Di Caprio, miglior attore non protagonista Brad Pitt, la miglior sceneggiatura originale scritta proprio dallo stesso Quentin Tarantino, miglior fotografia, miglior scenografia, migliori costumi, miglior sonoro e montaggio sonoro.

Per quanto concerne il titolo che ha sorpreso agli ultimi golden globe: 1917 di Sam Mendes. Oltre alla nomination a miglior film il lungometraggio si è aggiudica anche la candidatura per lo stesso regista Sam Mendes, miglior sceneggiatura originale, miglior colonna sonora, miglior fotografie e migliori effetti speciali, miglior trucco ed acconciature, miglior scenografia, miglior sonoro e miglior montaggio sonoro.

Subito dopo è la volta del film meno considerato proprio agli ultimi golden globe: The Irishman di Martin Scorsese. Si può affermare che il regista italo-americano si è preso una bella rivincita. Sono ben 9 le candidature ottenute: miglior film, miglior regia, miglior sceneggiatura non originale, miglior effetti speciali visivi, direttamente nella stessa categoria dei migliori attori non protagonisti nominations per Joe Pesci e Al Pacino, migliori costumi, miglior montaggio e miglior scenografia.

Invece in merito al sorprendente film coreano ‘Parasite’ del regista Bonn Jo Hoo: le prime due nominations sono appunto, miglior film e regia, viene anche considerato come ‘miglior film straniero’, miglior sceneggiatura originale, miglior scenografia e miglior montaggio.

Con l’ottavo titolo arriviamo, finalmente, alla sorpresa di cui abbiamo accennato in apertura di questo articolo e che, qualche tempo fa, l’avevamo anche prevista attraverso un articolo pubblicato per ben due volte. Stiamo parlando di ‘Le Mans 66’ il quale oltre alla suddetta nomination, come miglior film, è in lista anche per il miglior montaggio sonoro e per il miglior sonoro. Peccato per la non nomination del regista James Mangold, la meritava. Una candidatura in più per la miglior regia ci poteva stare.

Arriviamo, infine, al titolo super candidato per questa edizione degli Oscar: 11 nominations. Miglior film, miglior attore protagonista Joaquin Phoenix, miglior regia Todd Philips, miglior montaggio sonoro, miglior fotografia, miglior colonna sonora, miglior sceneggiatura non originale, miglior trucco ed acconciature, migliori costumi, miglior montaggio, miglior sonoro; stiamo parlando di Joker.

Nonostante sia scollegato dal mondo dei fumetti, il lungometraggio del personaggio dedicato al personaggio delle Dc comics, già da adesso rappresenta una vera vittoria contro lo strapotere degli ultimi anni della Marvel; quest’ultima si deve solamente accontentare, per il suo ‘Avengers Endgame’, per la candidatura nei migliori effetti speciali visivi. Categoria contesa, addirittura, contro Star Wars – Episodio IX. Il film di J.J. Abrahams, a sua volta, oltre per la nomination citata, è in corsa anche per la miglior colonna sonora, che a 43 anni rimane sempre sulla cresta dell’onda.

Prima di concludere non vanno assolutamente dimenticate anche altre nomination. Quelle per esempio come miglior film straniero: Les Mirables per la Francia, peccato per il film di Daniel Auteil ‘La Belle Epoque’; Honeyland per la Macedonia del Nord; Corpus Christi per la Polonia; il già menzionato Parasite e lo spagnolo ‘Dolor y gloria’, film con Antonio Banderas che, inoltre, è anche candidato come miglior attore protagonista.

Come non vanno assolutamente dimenticate l’altra nostra anticipazione ai tempi della Festa del Cinema di Roma per ‘Judy’. Infatti l’attrice Renè Zellwegger ha ottenuto la nominations come miglior attrice protagonista. Nella stessa categoria anche Charlize Theron per ‘Bombshell’. Sempre in tema di attori: Anthony Hopkins, per ‘I due Papi’, e Tom Hanks, per ‘Un amico straordinario’, candidati come miglior attori non protagonisti. Ultima candidatura da ricordare, come miglior attrice non protagonista, Kathy Bates per il suo ruolo in ‘Richard Jewell’ di Clint Eastwood.

Manca solo attendere, adesso, il prossimo 9 febbraio. La notte degli Oscar 2020 è vicina. Molto probabilmente i lungometraggi con più candidature avranno maggiori possibilità di arrivare al premio ambito. Ma anche in questo caso l’ennesima sorpresa non sarà da escludere. Voi che dite?

Recensioni

Hammamet: La nostra recensione

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Con questa recensione abbiamo il piacere di inaugurare una nuova rubrica: Storie vere. Uno spazio tutto interamente dedicato alle pellicole cinematografiche tratte, o semplicemente ispirate, a fatti realmente accaduti; comprendendo anche biografie di personaggi storici e non che hanno rappresentato una pagina importante della nostra storia.

RECENSIONE

Semplice omaggio o magari un timido tentativo di innescare una polemica, senza aver saputo osare direttamente con il materiale storico a disposizione? Questo è l’unico pensiero che ha preso forma dopo la visione dell’attesissimo film “Hammamet”, scritto e diretto da Gianni Amelio, ed incentrato sugli ultimi sei mesi di vita dell’ex leader del Partito Socialista italiano, nonché ex-Presidente del Consiglio dei Ministri, Bettino Craxi; fuggito proprio ad Hammamet in seguito allo scandalo di ‘Mani pulite’ del 1992 e dove, poi, è morto senza mai rientrare in Italia.

Dunque è solo un omaggio relativo alla sua figura che, comunque non va mai dimenticata, vista la sua rilevanza nella scena politica di quegli anni, o forse nel raccontare l’ultima parte della sua vita si celava un’altra intenzione?

Il duplice quesito purtroppo ci porta verso lo spoiler. Ma chi conosce bene la vicenda non dovrebbe rimanere troppo spiazzato. Infatti in un momento ben preciso del film, Craxi, incomincia la registrazione di alcuni video in cui sembra raccontare delle verità. Dicendo cosa in realtà si celava dietro a quel sistema il quale una volta scoperto, le stesse indagini lo avevano ritenuto l’unico vero capro espiatorio.

Chiaramente quella di Craxi è una verità personale che non è stata adeguatamente approfondita. Bastava quel pizzico di coraggio in più per completare un discorso, seppur visivamente narrativo, il quale avrebbe di sicuro potuto aprire nuovi scenari nella revisione storica di quei fatti emersi all’inizio degli anni ’90.

Di sicuro il film ha il merito di proporre un ‘ritratto’ intimo di Craxi. Un uomo solo, senza potere, con una irrimediabile decadenza fisica e forse la flebile speranza di poter rientrare nella patria di origine. Diversi aspetti della vicenda sono stati romanzati, forse, proprio per quella mancanza di coraggio di cui andavamo a sostenere.

Per tutto il lungometraggio, tranne che per i primi minuti, la trama si sviluppa senza notevoli colpi di scena, senza magari far emergere qualche verità storica fino adesso taciuta e senza menzionare troppo anche quelle già conosciute; i dialoghi solo a tratti riescono a trascinare il film fino ai titoli di coda. Alcuni momenti di silenzio nel film sono quasi un velato richiamo alle pause che lo stesso statista, durante i suoi discorsi pubblici, ostentava con il suo naturale portamento.

Ciò però non è stato sufficiente ad aver garantito un quadro completo del segretario del partito socialista. Nessun riferimento, in termini di flashback, relativi al culmine della sua carriera politica; nessun riferimento alla ‘Milano da bere’, iconico slogan degli ‘anni ’80. Solo richiami velati anche a personaggi realmente esisti ma con identità e fatti leggermente modificati.

L’intera struttura narrativa è sorretta dalla straordinaria, monumentale ed epica prestazione dell’attore Pierfrancesco Favino nei panni, proprio, di Bettino Craxi. Semmai ‘Hammamet’ avesse avuto la fortuna di partecipare alla prossima corsa agli Oscar, l’attore romano sicuramente non avrebbe sfigurato al fianco dei più grandi colleghi hollywoodiani. La sua interpretazione è frutto di una meticolosa preparazione sul personaggio storico come lo stesso attore ha raccontato nelle singole interviste a cui è stato sottoposto.

In conclusione il film di Gianni Amelio permette sì il ritorno del cinema italiano a temi più impegnativi rispetto quelli più leggeri trattati fino adesso; con la convinzione, espressa anche a malincuore, di una grande occasione sprecata per non aver ricordato e ricostruito, se non proprio del tutto, quel periodo storico che l’Italia si porta dietro.

Qui sotto un ulteriore approfondimento dal blog di Freetopix, attraverso le rubriche di ‘Parole Schiette’ e ‘Forever 80s’: