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Sequels & Saghe

Beverly Hills cop III – Un capitolo molto fiacco

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Lo stesso Eddie Murphy fu molto duro nel commentare il terzo episodio della saga di Axel Foley

Un’atrocità ed una disgrazia. No, non è il commento del blog verso un’opera cinematografica, per quanto possa essere fatta male. Non si affonda mai così un lavoro cinematografico. Chi pronunciò queste parole fu il diretto interessato o, semmai, l’attore protagonista, il 19 dicembre del 2006, ovvero ‘Axel Fooley’ in persona: Eddie Murphy. L’oggetto di tale disprezzo era il terzo capitolo, poco convincente, di ‘Beverly Hills cop’. Un terzo film non più prodotto dalla vincente coppia Simpson-Bruckheimer e nemmeno scritto dal duo Danilo Bach e Daniel Petrie Jr.

La nuova sceneggiatura fu un lavoro di Steven De Souza, i produttori invece erano Mace Neufield e Robert Rehme; mentre la regia venne affidata ad una vecchia conoscenza dello stesso Murphy: John Landis. Con lui aveva già lavorato ad ‘Un principe cerca moglie’ ed il classico natalizio ‘Una poltrona per due’.

Dire cosa non ha funzionato rende l’idea di cosa volesse dire lo stesso interprete e, inoltre, apparirebbe superfluo puntare il dito solo sui troppi mutamenti che la trama originale andò incontro. Sarebbe ingiusto. In primis non si era più negli anni ’80 ma nel decennio successivo. In secundis erano assenti tre attori che avevano preso parte ai primi due capitoli: John Ashton, Taggart; Ronny Cox, Bogomill; e Paul Reiser, Friedman. Con Murphy c’erano ancora Gilbert R. Hill, nei panni dell’Ispettore capo Douglas Todd, e Judge Reinhold nel ruolo del sergente William ‘Billy’ Rosewood. La new entry era rappresentata da Hector Elizondo.

Se nel secondo episodio della trilogia, considerato il migliore in assoluto, si era trovato il perfetto mix tra il genere commedia e l’action, in questo terzo capitolo il tutto è improntato solo ed esclusivamente sul lato comico. Oscurando, di molto anche, le sfumature action ed il poliziesco. Si ride e con Eddie non può essere diversamente. Basta vedere il suo sorriso che instilla naturale allegria fin da subito. Nonostante ciò non si può non notare che in alcuni momenti le scene divertenti appaiono, addirittura, forzate; come se non ci fosse stata fin dal principio un’idea ben precisa.

‘Beverly Hills cop III’ sembra la copia del primo. Una copia sbiadita, senza magia e brillantezza anche da parte dello stesso attore afroamericano e, soprattutto, per un personaggio fuori dal contesto storico. Gli abiti che indossa sono ancora quelli degli anni ’80. Non solo: circolava voce che l’attore in quel periodo non fosse in grande forma.

Buchi di sceneggiatura, fortunatamente, non vengono registrati; ma la trama, già abbastanza carente, non è oltremodo supportata da una valida soundtrack come il primo ed il secondo capitolo. Ma se si pensa che quel 25 maggio del 1994, data di uscita del film, i rocamboleschi casi di Axel Foley finivano lì ci si sbaglia di grosso. Da tempo è in lavorazione il quarto episodio e di questo ne parleremo la prossima settimana.

Storie di Cinema e Serietv

Christopher Reeve: quando l’uomo divenne supereroe

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Quando ci viene in mente il suo nome è inevitabile pensare al personaggio che lo ha conscacrato agli occhi del mondo; consacrando, allo stesso tempo, il genere dei supereroi provenienti dalle pagine a quadretti dei fumetti. Nel ricordarlo, nel sedicesimo anniversario della sua scomparsa, nell’osservarlo attentamente con i disegni realizzati da Joe Shuster, su un soggetto di Jerry Siegel, si scopre che quel giovane, all’epoca sconosciuto, quasi ventiseienne newyorchese, era nato per quel ruolo. Per la parte di Kal-El, Superman. Non era solo una questione di fisico ma anche di capacità di entrare nel personaggio.

D’altronde, lui, non si sentiva schiacciato dal superstite di Krypton affidatogli dal regista di Richard Donner, in quel lontano 1978. Ruolo da cui non riuscirà mai più a staccarsi per essere, per il mondo, Christopher Reeve: l’attore. Il suo alter ego, nella finzione, già oscurava l’altra faccia della medaglia timida ed introversa, Clark Kent, ed oscurava tutto quello che faceva al di fuori di quel costume.

Nato il 25 settembre del 1952, Reeve, nella sua carriera non è stato solamente ‘Superman’, seppur essendo il massimo dell’iconografia medesimo dell’eroe targato Dc Comics appare, comunque, fortemente riduttivo. Il suo talento recitativo incominciò a sbocciare intorno ai nove anni e diverso tempo dopo, esattamente un biennio prima del successo planetario, calcò i palcoscenici di Broadway. Frequentò la scuola di recitazione insieme a colui che sarebbe diventato uno dei suoi migliori amici: Robin Williams.

Quest’ultimo, come molti sanno, aiutò lo stesso Reeve nel momento peggiore della sua esistenza. Precisamente da quel maledetto 27 maggio del 1995 quando, durante una gara equestre, cadde da cavallo che provocarono lo spostamento di due vertebre cervicali interessando, purtroppo, il midollo spinale che si lesionò. Per lui fu l’inizio del dramma e conseguentemente anche l’inizio di una nuova immagine per lui.

Fino a quel momento Reeve aveva preso parte a ben diciassette film, senza dimenticare le varie apparizioni televisive. Quella caduta, però, non lo fermò. La voglia di vivere prese fortunatamente il sopravvento sull’istinto di farla finita: mostrandosi e ponendosi come esempio per tutti coloro che affrontavano, nel quotidiano ed in silenzio, situazioni simili senza avere voce; non stancandosi mai di sperare nella cura delle cellule staminali.

Con questa ‘parte’ che la vita gli aveva affidato, Christopher Reeve, divenne veramente un esempio per tutti. Incarnandosi sempre più nel ruolo che tanto gli aveva regalato professionalmente. Negli anni 2003-2004 partecipò, come guest star, a due episodi della serie televisiva ‘Smallville’, mettendo in atto il passaggio di consegne tra lui ed il giovane Tom Welling.

Reeve morì il 10 ottobre del 2004, al Norther Westchester Medical Center di New York, dove era stato portato dodici ore prima per un attacco cardiaco, provocato da un’infezione dovuta da una lesione da pressione. La commozione nel mondo fu unanime per un uomo, quell’uomo, che nella sua vita, per la sua condizione, dimostrò a tutti gli effetti di meritare quel costume che indossò per ben quattro volte: nel 1978, nel 1980, nel 1983 e nel 1987.

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BEVERLY HILLS COP II – UN SEQUEL MEGLIO DELL’ORIGINALE

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Uscito il 20 maggio del 1987 rappresenta uno dei migliori seguiti della storia del cinema

Riallacciandoci all’articolo pubblicato la scorsa settimana in ‘Storie cinema&Serietv’, il legame tra ‘Berverly Hills Cop’ e ‘Cobra’ non si sciolse una volta che i due progetti presero strade e destini diversi. S’incrociarono una seconda volta nel 1987, in occasione del seguito del primo film del 1984. L’episodio numero due esordì nei cinema americani il 20 maggio del 1987 ed è, ancora oggi, definito come uno dei migliori sequel della storia della settima arte e forse, rispetto all’originale, un gradino superiore.

Il cast principale si presentava sempre con Eddie Murphy, John Ashton, Ronny Cox e Judge Reinhold. Proprio quest’ultimo è il collante, involontario, tra i due i film. Reinhold interpreta il personaggio di William ‘Billy’ Rosewood, che nel primo film originariamente avrebbe dovuto fare una brutta fine. In questo secondo capitolo lo stesso personaggio è trasformato, simpaticamente esaltato. Tanto che in una scena, dietro alla porta della sua camera, ha in bella evidenza il poster di Cobra. Un piccolo omaggio voluto, forse, dagli stessi produttori.

A dirigere la squadra vincente non è più Martin Brest, ma lo sfortunato fratello di Ridley Scott, Tony, dove l’action è ancor meglio miscelata nella commedia, supportata egregiamente colonna sonora, composta da Harold Faltemeyer ed altri autori, che fin dall’inizio accompagna la scena iniziale. Infatti in apertura si vede subito una Brigitte Nielsen in versione spietata rapinatrice. Curiosità: l’attrice danese, l’anno prima, prese parte ad un film: Cobra.

Proprio in quel film, l’attrice, le stata attribuita la parte della protagonista femminile che aveva una storia d’amore con il protagonista. In ‘Beverly Hills Cop II’, invece, l’ex moglie di Sly, è una pericolosa criminale appartenente ad un altrettanto pericolosa banda di rapinatori, i quali compiono un attentato, non andato a buon fine, ai danni del Tenente Andrew Bogumill, Ronny Cox. Nel cast è presente anche Dean Stockwell, conosciuto anche per la serie televisiva ‘In viaggio nel tempo’.

L’idea di questo secondo capitolo fu proprio di Eddie Murphy il quale, insieme agli sceneggiatori del primo film: Danilo Beach e Daniel Petrie, curò il soggetto. La sceneggiatura, invece, fu un lavoro a quattro mani tra Larry Ferguson e di Warren Skaaren. Molto probabilmente le battute sono il frutto dell’immensa capacità dello stesso Murphy d’improvvisare. Ci si chiede ironicamente: quante persone abbia preso per i fondelli il mitico Axel Foley?

Al di là dell’aspetto tipicamente burlesco e buffo del personaggio, lo schema della trama ricalca quasi in gran parte quella del primo, con diverse variazioni onde evitare di fotocopiare la trama originale; non mancano sparatorie, inseguimenti e quel pizzico di follia spontanea positiva che portava ad un’ora e mezza di spensieratezza e di puro intrattenimento per chi vede il film.

Costato 20 milioni di dollari, 5 milioni in più rispetto al primo, ne incassò solamente 300 milioni, 20 milioni in meno del capitolo precedente. Nonostante ciò deve essere considerato ugualmente successo stratosferico, per un sequel, per un film che è una vera e propria scarica di adrenalina della prima all’ultima scena. Un sequel che permise la produzione di un terzo capitolo, nel 1993; che rovinò, di fatto, una possibile e convincente trilogia del genere comico, action e poliziesco. Ma di questo se ne parlerà la prossima settimana.

Bud&Terence

IL MESE DI OTTOBRE? TUTTO BUD SPENCER

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Il 31 di questo mese avrebbe spento 91 candeline

Per la rubrica ‘Bud & Terence’, inaugurata alla fine dello scorso giugno, con lo scopo di ricordare il quarto anniversario della scomparsa di Bud Spencer, sono due i mesi particolari: quello di Marzo e quello di Ottobre. Proprio quest’ultimo segnerà un mutamento d’impostazione per quanto riguarda gli appuntamenti settimanali. Se fino adesso, a parte nel periodo in cui ha inizio astronomicamente l’estate, l’alternanza si è sviluppata, per non dire organizzata, tra un film di Bud Spencer, un film tra Bud e Terence ed un film solo con Mario Girotti, il mese appena iniziato sarà interamente, per non dire esclusivamente, dedicato a Bud Spencer.

Come detto specificato in precedenza, seppure velatamente, già il sesto mese dell’anno è stato tutto per lui. L’occasione era relativa non solo per la data del 27 giugno, ma era strettamente connessa all’inaugurazione dell’altra rubrica del blog: ‘Saghe e Sequels’. Anche questa volta ci sarà il collegamento con un’altra rubrica, con ‘Storie di Cinema&Serie tv’.

Diversi appuntamenti, sempre settimanali, in cui verrà scoperto un Bud Spencer non proprio inedito, analizzato sotto un’altra lente d’ingrandimento, contemplando non solo i film cui ha preso parte ma com’era al di fuori del set. Quattro settimane in cui verranno raccontate, e ricordate, aneddoti, storie, interviste, scene forse poco conosciute e come anche opere cinematografiche altrettanto poco conosciute. Tutto questo fino ad arrivare a quello che sarebbe stato il novantunesimo compleanno.

Un unico appuntamento speciale lungo un mese e suddiviso in quattro settimane. Senza dimenticare che proprio nella settimana del 31 ottobre, molto probabilmente, verranno pubblicati più di un articolo. Il numero esatto? Non ve lo diciamo. Le tematiche e le curiosità legate alla sua figura, non sempre di attore, saranno svelate ogni settimana. Stesso trattamento sarà dedicato anche a Terence Hill quando giungerà il mese di Marzo, con il giorno 29, il giorno del suo compleanno. Ma dalla prossima settimana ‘Tutto Bud’.

Storie Vere

LE QUATTRO GIORNATE DI NAPOLI

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Un film intenso che ricostruisce quella leggendaria insurrezione contro i tedeschi

Che il periodo della Seconda Guerra Mondiale abbia regalato molte storie al cinema è ormai un dato di fatto. Situazioni, vicende ed episodi di grande intensità emotiva che hanno contribuito ad aiutare lo stesso genere, quello bellico, a crescere e ad avere un seguito di appassionati, anche tra gli storici. Produzioni medio-grandi rimaste scolpite nella memoria di tutti scrivendo, a sua volta, la storia della settima arte. Capita alle volte, specie nella rubrica ‘Storie Vere’, di soffermarsi su opere cinematografiche belliche che rientrano nel triplice novero di genere drammatico, storico e guerra, appunto. Film non sempre a stelle e strisce che narrano una storia di eroismo di una città che si ribellò agli invasori.

La parola ‘eroismo’ è usata per definire nel miglior modo possibile, senza retorica, la storica insurrezione della città di Napoli, avvenuta tra il 27 ed il 30 settembre del 1943 contro i tedeschi, ricostruita da Nanny Loy nel suo capolavoro ‘Le Quattro Giornate di Napoli’. Un film che nonostante non viene contemplato fra le altre opere del genere neorealiste ma che, seppur indirettamente, rientra perfettamente in quel tipo di categoria, soprattutto per lo stile con cui è stato proposto.

Uscito diciannove anni dopo gli eventi, il film, venne in realtà anche ispirato da un libro pubblicato sei anni prima, dal titolo: Napoli – La città insorge, scritto dal giornalista Aldo De Jaco. La sceneggiatura, invece, è stata realizzata da Carlo Bernari, Pasquale Festa Campanile, Massimo Franciosa e dallo stesso Nanny Loy. Questo lavoro di squadra valse, addirittura, la nomination all’edizione degli Oscar del 1963 per la miglior sceneggiatura originale.

Nel film la storia, quella reale e quella amara, viene perfettamente miscelata al dramma e ad alcuni e piccolissimi momenti di commedia, volti in entrambi i casi ha mostrare l’immensa anima del popolo napoletano. Con attori di altissimo livello, sia teatrale che cinematografico, i quali rappresentavano il meglio dell’arte della recitazione napoletana, italiana ed internazionale. Un cast di prim’ordine, dove il nome dell’interprete non serve solo ad attirare il pubblico ma a fornire una prestazione al servizio della trama stessa.

Da Raf Vallone a Carlo Taranto, da un giovane Enzo Cannavale a Luigi De Filippo, da Pupella Maggio a Regina Bianchi; e poi ancora: Lea Massari, Frank Wolff, Aldo Giuffrè, Jean Sorel, George Wilson, Curt Lowens, Domenico Formato e Gian Maria Volontè. Questi ultimi due hanno interpretato due personaggi in particolare: Domenico Formato impersonò il giovanissimo Gennaro Capuozzo, lo scugnizzo ucciso dai tedeschi, mentre Gian Maria Volontè vestiva i panni del misterioso agente segreto Vincenzo Stimolo, anche se nel film il suo vero nome non viene mai nominato ma viene sempre indicato con l’appellativo di ‘O’ Capitan’.

Oltre alla nomination come miglior sceneggiatura originale, il film ottenne tre Nastri D’Argento su sei candidature: miglior regia, miglior sceneggiatura e miglior attrice protagonista a Regina Bianchi. Un Golden Globe come miglior film straniero ed un British Academy Film Award, sempre come film straniero. In entrambi i casi si parla sempre di candidature.

‘Le quattro giornate di Napoli’ è un film corale, intenso dal punto di vista emotivo e che ci catapulta nell’immediato del dramma dell’occupazione nazista e dell’insurrezione, con scene anche semplici ma significative ed intense dal punto di vista emotivo. Un film dedicato alla memoria di tutti coloro che lottarono per la libertà ed in modo particolare alla figura del giovanissimo scugnizzo Gennarino Capuozzo, il quale morì colpito da una granata tedesca e non come si vede nell’opera di Nanny Loy. E’ chiaro che questa scelta è dovuta nel tentativo di addolcire, visivamente, una morte cruenta già di suo.

In ultima analisi non può mancare un commento positivo sull’ulteriore elemento trainante del film, ovvero la colonna sonora. Firmata dal compositore Carlo Rustichelli, quella che si ascolta durante la visione è una musica trascinante e toccante, che oltre alla candidatura avrebbe meritato direttamente il Nastro d’Argento.

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LO CHIAMAVANO BULLDOZER

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Bud Spencer tra ottimismo ed un pizzico di malinconia

Campi da football, un punto da segnare in una sfida e risse dove si ride a crepapelle. Sono questi i tre elementi del film stand-alone con Bud Spencer, senza il suo partner storico Terence Hill e il cui titolo richiama quello girato in coppia anni prima, ‘Lo chiamavano Bulldozer’. Diretto da Michele Lupo ed uscito il 5 ottobre del 1978, il film molto probabilmente, è uno dei più amati da parte dei suoi fans.

La trama, con soggetto e sceneggiatura realizzata in coppia da Marcello Fondato e Francesco Scardamaglia, ha uno sviluppo semplice, logico, senza forzature e con molti messaggi sia impliciti che espliciti, legati indissolubilmente ai valori dello sport in generale; quello stesso settore, anche se in una disciplina totalmente diversa, lo stesso Bud Spencer, con il suo vero nome, si è fatto valere con vittorie importanti nelle singole manifestazioni a cui ha partecipato.

Il cast di ‘Lo chiamavano Bulldozer’ è composto da tanti attori, cosiddetti caratteristi, che fungono, nelle singole scene, da spalla allo stesso attore napoletano; infatti non c’è un vero e proprio comico capace di trainare il tutto, ma tanti momenti, tanti sketch, tante battute e risse inanellate uno dopo l’altro come un perfetto collage da guastare fino alla fine.

La storia contemplata è una di quelle che ormai si possono considerare come racconti d’altri tempi, in cui uomini gloriosi si ritiravano improvvisamente e misteriosamente, anche se poi si scopre quale sia il vero motivo, per poi tornare con l’intenzione di regolare i conti con il passato. Come detto i valori dello sport la fanno da padrone e, in questa occasione, il valore insito, quello che dovrebbe essere radicato nell’animo umano è la lealtà, ma purtroppo non è sempre così.

Una lealtà calpestata dalla troppa sete di vittorie e di essere sempre i primi. Se nel finale il protagonista principale trionfa, emerge per tutta la durata del film il concetto di squadra e del sacrificio che ci vuole anche solo per segnare un punto. ‘Lo Chiamavano Bulldozer’ è un film da non sottovalutare, da tenere sempre presente per gli insegnamenti insiti e per la carica di ottimismo che contiene, miscelata ad una sottile malinconia per come vanno alcune situazioni nello sport.

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BEVERLY HILLS COP – LA SAGA DI EDDIE MURPHY

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Tra scene improvvisate e colonna sonora irripetibile il successo fu mondiale

Era il 1° dicembre del 1984 quando nei cinema americani uscì il primo capitolo di ‘Beverly Hills Cop’, la fortunatissima saga commedia-poliziesco interpretata da uno spettacolare Eddie Murphy. Un film, che come è stato appurato nella rubrica ‘Storie di cinema e di Serietv’, ha avuto una lavorazione alquanto complessa. Di certo rimarrà il dubbio, non molto convinto, di come sarebbero andate le cose se invece del giovane talento afroamericano ci fossero stati, nel ruolo del protagonista, Mickey Rourke o Sylvester Stallone. Sta di fatto che con l’irrefrenabile sfacciataggine dell’attore dall’iconica risata il film non solamente funzionò, ma divenne il secondo miglior incassò di quello stesso anno.

La sceneggiatura, realizzata dalla coppia Daniel Petrie Jr e Danilo Beach, ottenne addirittura la nomination all’edizione degli Oscar del 1985. Ma la candidatura in sé rappresenta una conferma di una serie di elementi maturati ed uniti durante la lavorazione di questa opera diretta dal regista Martin Brest. Elementi che hanno determinato, in modo assoluto, l’irripetibile successo di questo entusiasmante primo capitolo di una saga che si sta per trasformare, fra non molto, in una quadrilogia.

Oltre ai già citati meriti di Eddie Murphy, c’è bisogno anche di ricordare anche gli altri due attori, John Ashton e Judge Reinhold, nei rispettivi ruoli degli agenti di polizia John Taggart e William ‘Billy’ Rosewood. La coppia di interpreti, per tutta la durata del film, riesce a creare una perfetta intesa con il protagonista e, in alcuni momenti, sembrano talmente goffi da ricordare Stanlio e Ollio.

Si dice che molti scketch, molte battute non solo furono improvvisate e che gli stessi membri della troupe presenti, compresi gli attori, non riuscivano a non ridere. Ulteriore elemento trainante del film è rappresentato, in maniera inequivocabile, dalla potente colonna sonora. Potente per gli stupendi pezzi di quegli anni ed una base musicale, che per il sound elettronico dell’epoca, ha fatto scuola. Il riferimento è il tema principale realizzato dal compositore Harold Faltmayer ed il titolo riprende il nome del personaggio principale: Axel F.

Tra le altre hit da ricordare c’è il singolo di Patti Labelle che accompagna Eddie Murphy durante il suo ingresso nel quartiere ‘bene’ di Beverly Hills, con una serie d’inquadrature che fungono da spot pubblicitario per la stessa Los Angeles e per gli interi Stati Uniti d’America. La canzone, intitolata ‘Stir it up’, uscì come singolo solamente nei primi mesi del 1985.

All’inizio di questo nuovo appuntamento con ‘Saghe & Sequels’ e che inaugura la fortunatissima serie di film con Eddie Murphy, è stato accennato che ‘Beverly Hills cop’ ha rappresentato non solo il secondo incassò dell’anno 1984, secondo solo ai ‘Ghostbusters’ di Ivan Reitman, ma rappresenta, per Bruckheimer, il suo miglior incassò fino al 2003 con più di 234 milioni di dollari; scalzato solamente da ‘La maledizione della prima luna’ con ben 316 milioni di dollari.

Un risultato non da poco che deve essere inteso tranquillamente come un piccolo record, per un film iconico mai dimenticato in tutti questi anni. Da tempo è stato annunciato un quarto capitolo, ma la prossima settimana verrà analizzato il secondo episodio della saga.

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LO STRANO LEGAME TRA BEVERLY HILLS COP E COBRA

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La storia di un soggetto che diede vita a due film iconici degli anni ‘80

E’ possibile che lo sviluppo di un soggetto cinematografico determini la realizzazione di ben due film distinti e separati? Due opere cinematografiche che, nello stesso tempo, hanno fatto storia diventando assoluti manifesti di un decennio in particolare? Da queste due domande la risposta che emerge è imprevedibilmente positiva e, in alcuni punti, lo è anche la storia che, in questo primissimo appuntamento con la rubrica ‘Storie di Cinema&Serietv’, viene svelata o, per coloro che già la conoscono, quanto meno ricordata.

Scherzando si potrebbe iniziare con la famosa apertura ‘Tutto ebbe inizio’ nell’anno 1977, quindi gli indimenticabili anni ’70; siamo a Hollywood e si sa che sotto a quella collina tutto, ma proprio tutto, può diventare possibile. Forse è anche per questo che i due film prendono forma attraverso la stessa idea. Il 1977 è l’anno di altrettante iconiche pellicole: ‘La Febbre del sabato sera’ e ‘Guerre Stellari’, il primo in assoluto della saga ideata da George Lucas.

In quei dodici mesi venne ideato il soggetto di un film che, inizialmente, avrebbe dovuto intitolarsi ‘Beverly Drive’ e lo sviluppo della sceneggiatura venne terminato solamente quattro anni più tardi, nel 1981. Fu letta da due persone in particolare, due produttori; uno di loro oggi è conosciutissimo anche nel mondo delle serie tv: Don Simpson, che scomparve nel 1996, e Jerry Bruckheimer, il futuro produttore della fortunatissima serie ‘Csi- Scena del crimine’.

Dopo una prima lettura i due decisero, quasi nell’immediato, che il ruolo da protagonista sarebbe dovuto andare a Mickey Rourke, ancora lontano dal successo mondiale di ‘Nove settimane e mezzo’; nonostante ciò si era fatto notare con pellicole come ‘1941 – Allarme a Hollywood’, ‘Dissolvenza in nero’ e ‘I cancelli del cielo’. Mickey accettò firmando un contratto in esclusiva per 400.000 dollari a questo punto, chiederete voi, tutto fatto? No.

Non si conosce il motivo, ma i tempi di lavoro si allungarono il più del dovuto e il buon Mickey diede il benservito ai due produttori. Sganciandosi dall’impegno preso e accettando un altro progetto cinematografico più veloce da realizzare: ‘Brivido caldo’. Uscito di scena Rourke si verificò un fatto curioso, un fatto prodromico per la nascita dell’altro film che più avanti sveleremo. Capitò che per gioco, non si sa se dovuto alla goliardia di Simpson o del suo collega Bruckheimer o addirittura della stessa Paramount che distribuì il futuro progetto, che venne contattato per scherzo nientepopodimenocchè Sylvester Stallone. Il quale accettò.

Accettando di prendere parte al progetto non solo la prese talmente sul serio ma decise, senza mezzi termini, di modificare diverse sequenze scritte all’interno della sceneggiatura. Risultato? L’elemento principale, quello della commedia, sparì completamente. Il ruolo di alcuni personaggi, chiave, all’interno della trama furono radicalmente modificati. Persino il cognome del protagonista venne mutato completamente.

A Simpson e Bruckheimer queste modifiche non piacevano proprio, soprattutto le parti violente e addirittura uno dei protagonisti era destinato ad una morte troppo cruenta per quella che doveva essere solamente una commedia. Stallone, forte dei successi in Rocky e in Rambo non volle cedere e alla fine cedette in un altro modo: consensualmente si allontanò dal progetto. ‘Sly’ mollò a soli sei settimane dall’inizio delle riprese. A quel punto per i due produttori iniziarono, veramente, i guai seri. ‘Beverly Drive’ rischiava veramente di non vedere mai la luce e invece…

… e invece nel frattempo c’era un altro attore che, impegnato in altri lavori, gli era giunta la voce della realizzazione di questo film. Non si sa bene chi chiamò per primo, comunque Simpson e Bruckheimer dovettero letteralmente volare da una costa all’altra degli Stati Uniti per incontrare colui che sarebbe diventato, definitivamente, l’attore principale del progetto cinematografico.

L’attore in questione era giovanissimo, ‘nero, riccio’ e con una comicità pungente e con una favela difficile da fermare. In quel periodo si stava facendo strada con i suoi personali ‘one man show’ e con il ‘Saturday Night Live’, senza dimenticare un film girato in coppia con Nick Nolte: ’48 ore’. Di sicuro, adesso, avete capito bene di chi si sta parlando: di Eddie Murphy.

Quando l’attore afroamericano accettò di prendere parte al lungometraggio mancavano solamente due settimane all’inizio delle riprese. Le scene ideate da Stallone vennero cancellate e sostituite con delle altre più comiche e anche le modifiche dello stesso vennero, a sua volta, annullate; in particolar modo il cognome.

Partiamo per esempio dalla figura femminile: con Stallone la protagonista aveva una storia con il personaggio principale, dopo Stallone è solamente un’amica; con Silvester c’era personaggio fratello del protagonista che veniva assassinato, in un secondo momento il personaggio ritornò ad essere solamente amico. Il cognome, con l’attore italo-americano, era Cobretti poi si trasformò in Foley. Ed anche il titolo venne modificato: non più ‘Beverly Drive’ ma un più iconico ‘Beverly Hills Cop’.

A questo punto avete anche intuito, con il cognome scelto in un primo momento da Stallone, di quale altro film stiamo parlando: Cobra, uscito esattamente due anni dopo a Beverly Hills cop e nonostante sia diventato un vero e proprio cult non ha avuto, dalla sua parte, quella giusta dose di fortuna per uno o più sequel. Molto probabilmente il motivo deve essere ricercato proprio nelle scene di violenza che in uscita portarono i distributori ha tagliarne una buona parte della durata e venne addirittura bollato, giustamente, come vietato ai minori di diciotto anni. E Beverly Hills Cop?

Il primo film con Eddie Murphy ebbe così tanta fortuna che, tre anni più tardi, venne pure prodotto un sequel altrettanto di livello come il primo, tranne per il terzo capitolo. Ma di questo ne parliamo a ‘Saghe Sequels’ con il link dell’articolo qui sotto:

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L’OMAGGIO SPENSIERATO DEL CINEMA ITALIANO A GIANCARLO SIANI

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Fortapasc: il film dedicato al giornalista-giornalista

La definizione del film ‘Fortapasc’? Semplice: è un omaggio ad un ‘Giornalista-giornalista’. Solo in questo modo può essere inteso il film di Marco Risi, uscito il 27 marzo del 2009, ed interamente dedicato alla figura del cronista campano de ‘Il Mattino’ Giancarlo Siani. Assassinato dalla camorra la sera del 23 settembre del 1985, pochi giorni dopo aver compiuto solo 26 anni. L’opera biografica non deve essere percepita come un omaggio distaccato, ma sentito e sincero e realizzato con la giusta dose di spensieratezza che non riesce in alcun modo a mitigare la rabbia per un epilogo troppo amaro.

L’espressione usata in apertura di articolo, ‘giornalista-giornalista’, è tratta da una delle scene più significative del film: il personaggio di Siani, interpretato da un somigliante Libero De Rienzo, passeggia sulla spiaggia di Torre Annunziata con il suo ex-caporedattore, il quale lo indottrina in modo diretto, ma semplice, sull’esistenza di due tipologie di cronisti: i giornalisti-giornalisti, appunto, e i giornalisti-impiegati. Qui sotto la scena:

Nel cast, oltre all’attore protagonista, spiccano anche attori come Massimiliano Gallo e Gianfelice Imparato, già conosciuti grazie alla serie de ‘I Bastardi di Pizzofalcone; un giovane Michele Riondino, Ennio Fantatichini, Fortunato Cerlino e Valentina Lodovini. La sceneggiatura era stata realizzata dallo stesso regista insieme al giornalista Andrea Purgatori, James Carrington e Maurizio Cerino. Ebbe diverse nominations sia ai David di Donatello, ai Nastri d’Argento, al Globo d’Oro e al Ciak d’Oro. L’unico premio che riuscì ad agguantare fu un globo per la miglior regia e tre ciak per la miglior fotografia, miglior manifesto e miglior colonna sonora a Franco Piersanti. Senza dimenticare la canzone che apre e chiude il film: quella di Vasco Rossi.

Giancarlo Siani era un cronista del Mattino quando venne assassinato il giorno 23 settembre del 1985. Quella stessa sera sarebbe dovuto andare a vedere il concerto di Vasco Rossi, proprio a Napoli. Per sua sfortuna non riuscì nemmeno a trovare i biglietti. Forse, semmai avesse avuto la fortuna di trovarli sarebbe uscito prima dal lavoro, per non recarsi a casa, ma per andare a vedere il suo idolo musicale con la sua fidanzata. Il film narra gli ultimi mesi di vita dello sfortunato giornalista-giornalista. Dalla posizione lavorativa come precario, all’ottenimento del posto fino al tragico epilogo.

Le inchieste di Siani erano quelle classiche indagini tipiche del giornalismo che rappresentavano un vero e proprio fastidio per coloro che, dalla fine dell’anno 1980 in poi, si erano arricchiti sulla tragedia del terremoto. Questa scena è un tipico esempio:

Storie di Cinema e Serietv

NUOVA RUBRICA: STORIE DI CINEMA E SERIE TV

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Storie di eventi, storie personali e di backstage sia del cinema che delle serie tv

In alcuni momenti parlare, analizzare, approfondire solo ed esclusivamente le singole opere sia relative al grande che al piccolo schermo non basta. Alle volte si avverte la necessità di raccontare o di far scoprire qualcosa che va oltre alla semplice canonica recensione. È risaputo che sia la settima arte che l’intrattenimento televisivo, in termini di serie tv, hanno da sempre attirato il pubblico con una tipologia di storie sconfinata. Belle o brutte che fossero, fantasiose o tristemente reali il duplice mondo dell’universo dei sogni ha da sempre raccontato storie.

Eppure, quello che un tempo veniva definito il mondo in celluloide, ha altre vicende da narrare, da sviscerare e non solo per incassare ai botteghini o intrattenere le persone davanti al televisore. Vicende che si sviluppano e che avvengono non grazie ad un copione scritto ma quelle che si sviluppano dietro ad una macchina da presa.

L’oggetto principale di questa nuovissima serie di appuntamenti non saranno solamente gli attori, dunque, non solo i cineasti più o meno rilevanti, si terranno presenti anche i vari produttori, sceneggiatori, doppiatori e ciò che si nasconde dietro le quinte di un film. Insomma tutto quello che ruota intorno a questo duplice mondo dei sogni e non sempre verranno raccontate storie piacevoli. Alcune di esse saranno addirittura amare.

Trovare la denominazione esatta, affine per il blog, per questa nuova rubrica non è stato poi così tanto semplice. Un titolo che non portasse fuori traccia, come un tema che ha quasi la connotazione di un compito in classe da non sbagliare. Ed affermare che il blog, in tutta la sua umiltà, non avesse già tentato di proporre, in passato, un’operazione del genere mentirebbe spudoratamente. Nel 2018 venne inaugurata la rubrica ‘Le Stelle’, ma ‘Le Stelle’ non brillarono come dovevano; anzi non convinse neanche fin dal principio. Era troppo cristallizzata sugli attori e forse su qualche qualche regista e nulla di più.

Con ‘Storie di Cinema&Serie Tv’ il discorso invece è totalmente differente ed è di gran lunga più ampio. Non attiene solo ai divi ma a tutti quegli eventi, storie personali e di backstage sia del cinema che delle serie tv. Prefiggendosi il semplice scopo di ricordare e, semmai, di far scoprire qualche aneddoto poco conosciuto, senza mai e poi mai confinare nel gossip.

In questa rubrica si mette in risalto il set e le vite di tutti coloro che lo vivono. Non quello chiacchierato o comunque patinato, per entrare nel merito e in maniera più approfondita nella storia stessa sia del cinema che delle serie tv. Il primo vero appuntamento: la settimana prossima.