Storie Vere

ALLA LUCE DEL SOLE: IL CORAGGIO DI DON PINO PUGLISI

Nel film di Faenza vengono raccontati gli ultimi due anni del prete anti-mafia

Nella lotta alla mafia le persone che hanno sacrificato la loro vita non hanno sempre indossato la divisa da poliziotto, da carabiniere o la toga da magistrato. Alle volte è capitato che le divise fossero altre, istituzionali, ma legate alla fede. A ‘Storie vere’ l’ennesimo fatto tragico da ricordare; una storia, appunto, fondata sul coraggio, nonostante il timore e la certezza di soccombere per un’unica colpa: quella di portare la speranza nei posti dimenticati da Dio.

Forse questo è l’unico modo di definire l’operato del parroco di Brancaccio che corrispondeva al nome di Don Pino Puglisi. La sua vicenda, la sua storia rivive nel film del 2005, scritto e diretto da Roberto Faenza e intitolato: ‘Alla luce del sole’.

Uscito esattamente il 21 gennaio del 2005, il film, ricostruisce gli ultimi anni di vita del prete antimafia: dal 1991, anno in cui ritorna nel suo quartiere natio al 15 settembre del 1993. Giorno non solo del suo cinquantaseiesimo compleanno ma anche della sua tragica morte, avvenuta per mano dei sicari di cosa nostra. Ad interpretarlo c’è un bravissimo Luca Zingaretti.

‘Alla luce del sole’ oltre che un’opera biografica si presenta anche come un mero spaccato di una Palermo, vista attraverso uno dei quartieri più degradati, dove la subcultura mafiosa era troppo forte da poter essere spazzata via. Lui, Don Pino Puglisi, riuscì in quella missione impossibile, facendo breccia nell’animo dei ragazzi di strada che giocavano a pallone. Li conquistò ad uno ad uno e a poco a poco.

Faenza ci mostra la semplicità di un uomo comune, la tenacia di cambiare le cose e l’isolamento che lo stesso parroco subì non solo per l’indifferenza di molti, ma anche dalla paura di affrontare conseguenze come quella a cui andò incontro lo stesso Don Pino Puglisi quel mercoledì sera.

Il giudizio sul film non è negativo. Non può esserlo, per il semplice motivo che la storia è stata riportata sullo schermo con molta umiltà e semplicità. Nonostante ciò, per dovere di cronaca, sono state riscontrate delle differenze con la realtà. Eterogeneità che hanno il sapore di piccoli errori storici i quali, molte volte, fungono da inspiegabili licenze poetiche. Il primo errore riscontrato è quello riguardante la strage di Via d’Amelio: è risaputo che la vettura fruita dai mafiosi era una fiat 126 verde pisello. Non si sa come, nel film, la vettura è una Seat Ibiza. Altro errore, e non di poco conto, è la ricostruzione dell’omicidio di Don Pino Puglisi. Nella realtà, purtroppo, il suo omicidio avvenne di sera alle ore 22.00, nella pellicola di pomeriggio. Non finisce qui. Nella stessa scena, ad attendere Don Puglisi ci sono Gaspare Spatuzza e Salvatore Grigoli con i fratelli Graviano. Ma questi ultimi, nella realtà, non erano presenti. Altra incongruenza è rappresentata dalla frase che lo stesso parroco anti-mafia rivolge ai suoi assassini: ‘me lo aspettavo’ e ‘non vi aspettavo’. Ultima: Don Pino Puglisi alla vista dei killer sorrise e non mostrò alcuna paura come si vede nel film.

Queste incongruenze, seppur notevoli, non scalfiscono il principale scopo di quest’opera cinematografica: quella di ricordare e di riportare alle nuove generazioni, non solo di siciliani, l’esempio di un uomo il quale aveva messo la sua al servizio di Dio e del prossimo fino alla fine, sapendo a ciò che andava incontro.

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